| Il Po nella mia zona è circa 2 mt sopra lo 0 idrometico, considerato che i primi spot pescabili sono tali a -4.50 mt vuol dire che ci sono circa 6 metri d’acqua di troppo, tradotto in soldoni se non piove se ne riparla fra un mese abbondante. Questa forzata inattività è l’occasione giusta per affinare le armi in attesa di tempi migliori, e quale modo “migliore” se non parlare un pò sul forum dell’appena trascorso 2013 ed in particolare della pesca specialistica nel Grande Fiume? Intanto perché parlare di Po Fishing? Solitamente la parola inglese “fishing”, unita in locuzione soggettivale al nome di qualche pesce, indica un approccio alieutico specialistico teso a selezionare prima la specie insidiata poi la taglia della stessa. Ecco il fiorire dei vari Carp Fishing, Pike Fishing, Tench Fishing e dei relativi pescatori che si sono specializzati in un approccio tendente ad alzare la taglia di un target unico e principale. Nella pesca a ledgering in Po si può ottenere solo uno dei due risultati sopra evidenziati, cioè la selezione della taglia, visto che selezionare la specie catturando solo un determinato tipo di pesce è difficilmente praticabile, se non disponendo di molto tempo e molta pazienza nell’affrontare il vasto modo delle esche self made, senza contare le difficoltà del praticare assiduamente uno o più spot per tenerli pasturati, a meno che non si disponga di una barca e di, appunto, molto tempo. Quindi parliamo di sessioni "mordi e fuggi" dove ci si affida a fattori che giocoforza prescindono da un approccio "specialistico" vero e proprio. Dedicarsi al Po Fishing vuol dire avvicinarsi al Grande Fiume scegliendo l’attrezzatura più indicata per affrontare acque che, per profondità, imponenza e corrente sono uniche nel loro genere. Inoltre, usando soprattutto esche dure e affrancandosi dal tradizionale bigattino, si esclude l’azione di disturbo dei numerosi piccoli pesci presenti nel Po. Il tutto districandosi fra il mutare delle bizze stagionali, delle temperature, dei livelli che mai come in questo caso costituiscono a tutti gli effetti le variabili più “variabili” che un pescatore si trova ad affrontare. Parlavamo di dati statistici, nel momento in cui scrivo ho messo insieme numeri rilevanti, se pensiamo che per mesi il fiume è stato impescabile, e per di più nei mesi migliori. Considerando che il meteo ha fatto saltare anche novembre e dicembre possiamo tranquillamente classificare il 2013 come il peggiore dal punto di vista alieutico da quando affronto il Po in maniera specialistica vale a dire dal 2006, come se non bastassero bracconaggio e pesca di professione a rendere poco fruibili gli stock ittici, fenomeno in vertiginoso aumento in considerazione della particolare predilezione delle etnie straniere per la carne di barbi e carpe, vale dire proteine abbondanti a basso costo. I numeri nudi e crudi sono questi: • 33 sessioni concentrate nel periodo giugno-settembre; • 265 ore effettive con le canne in pesca; • 121 barbi over 2 Kg a guadino, fra questi ben due over 4 Kg (non ne prendevo dal 2008) e una decina di pesci over 3 Kg con tanti di questi a pochi grammi dall’asticella psicologica dei 4 Kg. Un piccolo inciso sul peso dei barbi che, in questo caso, valgono solo per verificare taglia media frutto dell’approccio non certo per farsi belli su Facebook o sui forum di riferimento. Troppo spesso sento parlare di svariate catture over 3 e 4 Kg con punte, sempre numerose, di pesci addirittura over 5 Kg. Bene vale la pena sottolineare che i pesci vanno pesati, con tutte le cure del caso, avvalendosi di mezzi idonei, compreso una bilancia digitale affidabile, ricordandosi di togliere la tara e soprattutto di pesare in chili e non in libbre; questo fiorire di pesci abbondanti e mostruosi poi viene puntualmente sbugiardato da foto di altro tenore o furbescamente photoshoppate, se non dalla totale mancanza di testimonianze e riscontri tangibili. Vado in Po spesso, molto spesso, e posso tranquillamente affermare che la taglia media nel basso corso del fiume, catturabile con questi approcci, si attesta sui due chili, i pesci sopra i 3 Kg sono abbastanza rari, sopra i 4 Kg rarissimi, sopra i 5 Kg io dal vivo non ne ho mai visti anche se son sicuro che ci sono. Pesare a occhio non aiuta, il barbo tra l’altro è molto ingannevole nelle stime, e soprattutto non serve a valutare con un minimo di raziocinio la bontà degli approcci, l’efficacia delle esche e la tendenza della stagione di pesca. A onor del vero ho annoverato pure tre cappotti, quindi nel 10% dei casi sono tornato mestamente a casa con le pive nel sacco, una percentuale d’insuccessi in linea con gli anni precedenti sulla quale incidono diversi fattori. Dopo anni trascorsi a segnare tutto sul “diario di pesca” possono tranquillamente affermare che i barbi, e in misura minore le carpe, hanno la tendenza a soffrire determinate situazioni, primo fra tutti livelli molto bassi concomitanti con alte temperature che si protraggono per diversi giorni, sbalzi di livello (specie in discesa) molto veloci e/o marcati e infine il vento, quello che non cala mai nemmeno di notte e prende d’infilata il fiume da NE increspando la superficie con onde di rilievo. Pur con un periodo fruibile molto risicato e ristretto si è trattato, per quello che mi riguarda, del migliore degli otto anni affrontati e monitorati in assetto specialist. Ma cosa ha provocato questa “impennata” delle catture e soprattutto della taglia delle stesse? Proviamo ad analizzare velocemente attrezzi ed esche per capire o provare a individuare quali approcci sono risultati i più performanti riassumendo quanto già scritto nel "tutor" dedicato. Le attrezzature devono essere rapportate alle caratteristiche del fiume e degli spot di pesca con una taglia media che è diventata notevole senza contare la possibilità di incontrare l’esemplare da record. La difesa di un barbo di peso, in svariati metri di acqua, è una vera scossa adrenalinica per il pescatore e un severo banco di prova per la sua attrezzatura. Le canne sono delle 12’ piedi senza i classici tips ma fornite di cima avon monopezzo, meno sensibile ma più adatta a gestire zavorre e correnti considerevoli. La mangiata di un barbo difficilmente è guardinga o appena accennata, inutile andare in sofferenza con cimini che fanno della sensibilità la loro arma migliore quando la sensibilità è l’ultima cosa che serve. Le canne con i test curve più adatti, in relazione agli spot fruibili, oscillano fra 1,5 e 2,0 libbre con una marcata azione parabolico progressiva e una buona riserva di potenza nel manico per gestire eventuali pesci fuori scala. Il mulinello deve essere parecchio robusto, fornito di frizione impeccabile e di una meccanica capace di poter lavorare senza problemi secondo i tempi scanditi dal frequente recupero e successivo lancio di pasturatori pesanti. Assolutamente consigliabili i modelli con corpo in metallo, che non soffra di fastidiose vibrazioni durante i duelli più duri, in taglie che vanno dal 4000 al 6000. E’ inoltre indispensabile una larga bobina che possa contenere almeno 250 metri di filo dal diametro generoso. Filo e terminale meritano un breve approfondimento. Senza sacrificare troppo la sportività dell’azione di pesca è inutile andare a cercare guai scegliendo diametri che, in relazione alle possibile prede, risulterebbero assolutamente sottodimensionati. Sarebbe imperdonabile perdere il pesce della vita solo per aver lesinato sulla qualità del nylon e sul diametro del terminale. Personalmente in bobina non scendo mai sotto lo 0,30 mentre credo che uno terminale da 15 lb in trecciato sia il limite sotto il quale è meglio non avventurarsi; in pieno inverno si può rischiare uno 0,28 in bobina e uno 0,24 come terminale, ma solo con la stagione fredda quando si usa il bigattino e quando la reazione dei pesci è giocoforza meno violenta. Gli ami saranno adeguati al resto dell’approccio, modelli a occhiello con misure che vanno dal n° 12 al n° 8 se s’innescano i classici bigattini, o dal n° 8 al n° 4 se si opta per pellets e boilies. Ho parlato volutamente di nylon in quanto l’uso del trecciato è controproducente. I lanci non sono mai tanto distanti da poter apprezzare fino in fondo la rigidità dei multifibra, la mangiata del barbo è spesso violenta e facile da vedere, inoltre un eventuale incaglio potrebbe portare alla perdita di molti metri di bava con evidenti danni a tutto lo spot, sperando che la piena successiva possa portare rimedio ad una nostra scelta errata. Personalmente prediligo fili multistrato che uniscono le caratteristiche di nylon e trecciato. L’allungamento controllato e limitato impone l’uso di un “ammortizzatore” a parare le testate tipiche della difesa del barbo, specie quando il combattimento e nelle fasi conclusive e la vista del guadino può provocare nel pesce un’estrema violenta reazione che il fusto della canna e i pochi metri di filo fuori non sono in grado di parare in modo completo. Una sorta di “shock absorber” a costituire un’ulteriore sicurezza per noi e per il pesce, uno spezzone di power gum da 12/14 lb brillato fra due girelle è il più adatto allo scopo, a deta di alcuni questa “sicura” è inutile ma se mi fa sentire meglio perchè non usarla? Feeder di tipo cage o open end da 120/150 gr. e piombi a goccia con grip da 160/180 gr. costituiscono il principale corredo di zavorre. Detto dell’attrezzatura passiamo alla azione di pesca vera e propria. La mancanza di pesce di disturbo consente l’uso della larva di mosca sia come innesco sia a farcire il contenuto del feeder che sarà composto dalla classica pastura rossa o bianca a base di formaggio, condizioni che si verificano quando il freddo fa sul serio, quindi nel periodo novembre/febbraio; negli altri casi riempiamo il feeder con mix da method arricchiti da micro pellets o altre particles e inneschiamo solo esche dure. Se lo spot lo consente è utile l’uso di due canne in pesca avendo cura di lasciarle a debita distanza una dall’altra nonché ben assicurate al terreno con frizione settata e sicura innescata, lo sport preferito dai barbi è quello di far letteralmente volare le canne in acqua. La canna a monte lavora con il feeder mentre la canna a valle con il piombo secco, in modo da ottimizzare la posizione delle esche sul “cono” di pastura dispensato dal feeder stesso. I terminali devono essere piuttosto lunghi in modo da avere la certezza che l’innesco sia posato sul fondo nella scia rilasciata dal pasturatore, per dare un’idea di quanto lungo è sempre valida l’equazione GR=CM vale a dire se usate un feeder da 120 gr. preparate un terminale almeno di 120 cm. Durante la sessione il pescatore deve bandire la parola “pigrizia”. I feeders vanno ricaricati con frequenza a intervalli regolari in modo da fornire una zona di cibo sempre viva pronta a destare l’attenzione di un eventuale branco di pesce di passaggio. L’uso di esche dure, come pellets e boilies, può ulteriormente selezionare la taglia dei commensali ma non sempre esca grande vuol dire pesce grande. In diverse occasioni, nelle stagioni intermedie, gli inneschi più efficienti sono stati pellets da 12 mm e boilies da 10mm usati singolarmente, mentre in estate o in inverno una bella presentazione con doppia pellets da 15mm ha raramente fallito. L’attività del barbo è spesso concentrata in brevi lassi di tempo e rimanere sullo spot da “luce a luce” è l’unico modo per essere sicuri di intercettarne il passaggio. Se le cose vengono fatte per bene basta sedersi ed aspettare con fiducia. L’attacco del barbo è sempre deciso, segnalato da poderose pieghe del fusto verso il basso o da starate tanto violente da far rimbalzare la canna sul picchetto. La difesa è potente, il pesce cercherà di mantenere il contatto con il fondale usando le larghe pinne pettorali e la grossa coda. E’ consigliabile un recupero a canna bassa in modo che il pesce, sentendo il fondale sul ventre, rimanga un poco più tranquillo, per poi sollevarlo solo al momento di usare il guadino. Sulle esche c’è da aprire un capitolo a parte in quanto è proprio il loro uso ragionato che ha permesso una decisa virata verso taglie molto interessanti escludendo nel contempo blicche e piccole breme che hanno fatto sempre da corollario alle sessioni di Po Fishing. La prima scelta è sempre un pellet di qualità. Sul “gusto” dello stesso ho notato una decisa predilezione verso composti di colore rosso scuro a base di farina di crostacei e molluschi, guardo caso più o meno quello che i barbi trovano nel fiume dove, al contrario, è più difficile reperire fra gli alimenti naturali l’halibut. Largo spazio quindi a krill, calamaro, cozza di acqua dolce integrati da betaina, robin red e canapa. Diverso il discorso per le boilies ready made che hanno avuto un impatto meno evidente sull’economia delle sessioni e sono state usate solo sull’eventuale terza canna a sfruttare i tempi più lunghi di scioglimento anche se in certi casi degli inneschi singoli o doppi con delle 10mm ha fatto la differenza. A integrare le naturali proprietà nutritive dei pellets è risultato molto produttivo (in alcuni casi devastante) aumentarne l’attrattiva con dei dip dedicati con i sapori fortemente speziati a farla da padrone, oltre al classico aglio molto valido l’aroma alla salsiccia affumicata, il pepe nero, il robin red, la betaina e, con le temperature più alte, anche i sapori spiccatamente dolci e agrumati. Attenzione solo alla quantità del dip e ai tempi di ammollo, meglio qualche goccia su pellets preparati per tempo (anche un paio di settimane) che troppo dip il giorno prima, il rischio è quello di ottenere l’effetto esattamente contrario. Per finire parliamo degli spot. I barbi seguono regole di spostamento ben precise e non li troviamo esclusivamente su alti fondali a corrente sostenuta. In relazione alle condizioni del fiume e alla stagione i grandi branchi possono sostare in un metro d’acqua su di un lungo spiaggione piuttosto che al riparo di una grande prismata o di altro ostacolo quando il freddo e le piene cominciano a fare sul serio. Qui purtroppo solo l’esperienza e la conoscenza degli spot può aiutarvi. Per terminare l’analisi questo tormentato ma soddisfacente 2013, seppur con tutti i suoi lati negativi, mi ha fornito risposte importanti per aggiustare il tiro nella pesca ai grandi ciprinidi grufolatori del Po. Mentre scrivo il livello è in costante aumento e la pioggia martella tutto l’areale padano, il rischio è quello di dover aspettare il tardo 2014 per rimettere un pellet a bagno nel fiume. Saranno giorni di paziente attesa, nella mente l’infinito replay dell’ultima piega secca, nel cuore la voglia di tornare e la sicurezza che il romanzo continua...bracconieri e pescatori di professione permettendo.
PS: nel 2013 ho portato in Po, per la prima volta, tre persone. Ebbene è bastato che gli stessi vedessero la prima partenza per perdere completamente ogni parvenza umana e razionale e cominciare a pensare unicamente a quando tornare a calcare le sponde del Po...brutta malattia lo specialist e pure estremamente contaggiosa.
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