Ledgering & Barbel Fishing Italia

Po fishing - 10) esche e dip

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view post Posted on 14/6/2012, 11:25
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in attesa del big!

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Appurato che il bigattino ha un impiego temporale molto limitato, indicativamente da fine ottobre ai primi di marzo (piene permettendo) l’unico modo di sfruttare totalmente il fiume durante l’arco dei dodici mesi è quelle di optare per esche dure quali pellet e boiles

pellets

o al limite virare sulle pastelle self made purché abbiano una tenuta tale da non essere preda dei piccoli pesci di disturbo. Sulle possibilità, di difficile attuazione, di poter condizionare lo spot con pasturazioni mirate prima della sessione di pesca parleremo diffusamente nel prossimo step, quello dedicato proprio alle strategie di pasturazione.
In linea generale un pellet di buona qualità è un’esca immediatamente riconoscibile, non dico al pari di bigattini, mais e pane, ma comunque con una buona propensione ad attirare l’attenzione e risvegliare l’appetito di pesci che di pellet in vita loro non ne hanno mai visti. Qualche giorno fa ho assistito alla presentazione dei prodotti Big Fish per il carp fishing dove due noti carpisti italiani, Stefano Forcolin e Sergio Tommasella, hanno, tra l’altro, tenuto un’interessantissima lezione sulla storia e sull’evoluzione delle esche dure per le carpe con particolare riguardo alla differenza fra esca nutriente ed esca attrattiva. La cosa ha una valenza maggiore se si aggancia il discorso alla pasturazione su lunghi periodi e/o sul lunghe sessioni ma ha dei fondamenti anche nel Po fishing dove il “mordi e fuggi” costituisce la stragrande maggioranza del modo di approcciarsi al fiume. Nello specifico, considerando profondità e colore medio dell’acqua, la ricerca di cibo si affida quasi completamente ai recettori che carpe e barbi hanno intorno alla bocca e sui baffi, recettori in grado di “sentire” segnali chimici e odorosi anche se diluiti e distanti, il tutto con l’aiuto della corrente.

baffi

Il complesso bocca/baffi funziona come un enorme naso la cui sensibilità e decine di volte più alta di quella umana. Attenzione, questi sensi vanno stimolati e non irritati, quindi l’equazione “più attrazione=più efficacia” è quasi sempre sbagliata. Nell’uso dei prodotti per dippare le esche è indispensabile attenersi in modo preciso alle dosi riportate sul prodotto stesso. Ovviamente da solo l’attrattore non basta, se noi sentiamo un irresistibile odore di crema pasticcera e quando addentiamo la briosche scopriamo che questa è di cartone non continuiamo di certo a mangiarla. Forti dosi di attrattivi, nel medio e lungo termine, stancano il pesce in quanto ciò che mangiano ha dei validi stimolatori per i recettori ma risulta scandente a livello nutritivo se non dannoso a livello digestivo. Ecco la necessità di pescare (e pasturare) con un prodotto di qualità andando ad arricchire l’innesco con qualcosa che possa far risaltare lo stesso in mezzo alla zona pasturata.

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IL PELLET


In alcune circostanze l’efficacia di un innesco è strettamente correlata alla sua presentazione visiva, come per un piatto di alta cucina prima si devono nutrire gli occhi poi si deve appagare il gusto dei commensali, questo è più valido in alcune tecniche che in altre. Il ledgering, seppur con le dovute proporzioni, non sfugge alla regola. In Po le cose cambiano radicalmente. Vuoi per la profondità vuoi per la “limpidezza” media dell’acqua non si può certo pensare che la nostra insidia lavori come in un torrente pedemontano o in una placida ansa di un piccolo fiume del piano. A sostegno della tesi basta osservare attentamente la morfologia dei pesci che popolano il medio e basso corso del Po; un tripudio di baffi, più o meno lunghi, e di occhi piccoli, molto piccoli,

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poco adatti a procurarsi il cibo a vista a maggior ragione se la ricerca di nutrimenti avviene a stretto contatto del fondale. In quest’ottica, oltre alla fase di richiamo immediato affidata ai classici sfarinati ad alto contenuto di formaggio, canapa e spezie di vario genere da mettere nei feeders, riveste grossa importanza il pellet o meglio la conoscenza della sua “anatomia”. Il pellet, a differenza delle boiles, ha una resistenza in acqua molto più limitata, ma è in questo limite che troviamo il suo maggiore potere attrattivo, purché si riesca a sfruttarne al meglio le caratteristiche. In primo luogo scegliamo prodotti di qualità ricchi di farine di pesce, molluschi e/o crostacei; per la mia esperienza sono proprio questi ultimi a rendere maggiormente, probabilmente per analogia con quello che barbi e carpe trovano a disposizione nel fiume. I tempi di scioglimento del pellet variano in funzione della corrente e della temperatura dell’acqua. Indicativamente, con una corrente che chiama 150 grammi, un pellet, in estate, ha bisogno di essere cambiato dopo 30/40 minuti, in inverno questi tempi possono arrivare a raddoppiarsi. Inoltre, con la bella stagione, lo sfaldamento è accelerato dall’azione dei piccoli pesci che in inverno non sono attivi. Nella due foto potete vedere come cambia un pellet in acqua appena immerso

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e dopo 40’

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mentre dopo 60’ minuti di ammollo la differenza anche fuori dall'acqua è ben evidente.

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Se pensiamo che le foto sono scattate in poca acqua fredda senza corrente possiamo immaginare quale sia la resa dell’esca in oltre sei metri di acqua corrente. Quello che può sembrare il difetto più grande si rivela essere il pregio maggiore, visto che l’attrattiva del pellet raggiunge l’apice proprio quando comincia a sfaldarsi.
A differenza delle boiles il pellet non ha una grande tradizione nel self-made, quindi bisogna testare e affidarsi ad aziende serie che propongono un prodotto ricco di farine, dal giusto equilibrio di spezie, senza dimenticare la tenuta in acqua. Indicativamente un buon pellet gira intorno ai 4/6 euro al chilo. Sempre per dare un minimo di traccia io ho trovato il mio ideale prodotto da Po a base di farine di crostacei e robin red, mentre ho sempre riscontrato grossi problemi con i pellet a base di farina di pesce (hallibut) troppo ricchi di oli. Sono molto buoni anche i pellet da innesco diretto sull’amo anche se la loro “fragilità” (sono pellet morbidi) ne limitano molto la durata in corrente facendoli preferire per un impiego in acqua lenta o ferma.

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In commercio si trovano i diametri più disparati, dal 3 mm al 20 mm, con taglie che trovano impiego in un largo spettro di situazioni, dalla pasturazione con feeder, a quella a fionda per finire all’innesco vero e proprio.
Perfino inutile sottolineare come il dip aumenta l’attrattiva dell’esca ma ne può modificare la resistenza in acqua.

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Dopo oltre due anni di comparazioni, statistiche, annotazioni ed esperimenti vari posso tranquillamente affermare che un buon “dip” aumenta e di molto le possibilità che una carpa o un grosso barbo trovino la nostra esca sul fondo del Po. Parlo di “trovare” perché parto dal presupposto che peschiamo in assenza di una pasturazione preventiva studiata, mirata e pianificata. Con due canne in pesca, innescate con la medesima esca di cui una dippata e una no, le catture si sono ormai attestate su un rapporto di 3 a 1 in favore di quella addizionata. Fra le varie possibilità offerte dal mercato preferisco prodotti a base di oli naturali, che permettono l’uso delle stesse esche anche dentro sacchetti, retine o usando stringer in PVA. Sapere invece quale sia il gusto preferito è un po’ un terno al lotto, anche se ammolli a base di pesce, molluschi e spezie, con marcati sentori dolci e fruttati, difficilmente deludono, sembra che l’agrodolce riscuota molto successo in Po.
I pellet vanno preparati per tempo, in modo che gli stessi possano impregnarsi a fondo nella sostanza attrattiva e di conseguenza l’azione in acqua sia più lunga ed efficace. Una settimana di ammollo è il tempo minimo e due sono sempre meglio, anche se dopo lunghi ammolli la “resistenza” in acqua del pellet risulta ridotta. Per ovviare alla stabilità dell’innesco, specie in fase di scioglimento, usiamo degli stop bait lunghi che tengano in posizione tutto il corpo del pellet stesso anche quando comincia a sfaldarsi.

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In ogni caso l’innesco va cambiato indicativamente ogni 30 minuti. La quantità di liquido è commisurata a quella dei pellet, all’incirca 50 ml ogni 200 grammi di prodotto.

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Per ambienti vasti e profondi come il basso corso del Po, la nostra scelta cade su pellet dal diametro generoso, almeno 14 mm, da innescare singoli o in coppia. Dippare un’esca poco prima del lancio nella corrente del Po non ha molto senso, il liquido sparirebbe poco dopo l’ingresso in acqua vanificando lo scopo per il quale è pensato. Le mie pellet da innesco riposano nell’ammollo in contenitori ermetici

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poco fondi in modo che ogni singolo pellet rimanga a contatto con il liquido usato.

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Molto validi anche i barattolini con tappo a guarnizioni purchè si abbia l'accortezza di
rovesciare una volta al giorno il contenitore assicurando così una perfetta ed omogenea operazione di aromatizzazione.

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Così facendo, una volta in pesca, i pellet rimangono ben impregnati del liquido anche dopo mezz’ora dalla posa in pesca. Trascorso tale periodo basta cambiare il pellet innescato anche per ottimizzare il carico e scarico della pastura presente nel feeder. Anche la conservazioni ha la sua importanza, usare una borsa per esche ben isolata agevola il trasporto e assicura una buona conservazione del prodotto per lunghi periodi.

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Ho ruotato diversi prodotti e diversi aromi, la cosa strana è che l’efficacia di un prodotto è strettamente legata allo spot dove lo stesso viene impiegato. Dip che si sono dimostrati assolutamente devastanti in cava, sia libera che a pagamento, hanno poi fallito clamorosamente in Po, come a sottolineare che un mix ha ambiti e confini di impiego ben definiti. Ogni dip, alla di la della dose consigliata, modifica in modo profondamente diverso la struttura del pellet impiegato per la “marinatura”. Alcuni dip non alterano la struttura del pellet, vengono quasi completamente assorbiti seppur con tempi di ammollo molto più lunghi, almeno di due settimane.

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Altri dip invece gonfiano il pellet, ne riducono sensibilmente la resistenza in acqua e hanno bisogno di pochissimo ammollo, spesso un paio di giorni sono più che sufficienti. Come ho già scritto il pellet non seleziona la specie ma solo la taglia del pesce anche se i barbi e le carpe hanno dimostrato di avere gusti ben precisi con i primi più propensi verso prodotti fortemente speziati (aglio e formaggio) e le seconde affezionate al caro e vecchio robin red e alla frutta agrumi compresi. Due parole anche sul “volume” dell’innesco con giornate dove un doppio da 16 mm ingrana più del singolo da 16 mm o da 12 mm (che viene preso di mira più facilmente dalle breme) mentre in altre situazioni, sembra legate alla stagione più calda, l’innesco singolo (da 16 mm) diventa molto più catturante di quello doppio.

BOILES


Nelle prove effettuate non ho riscontrato enormi vantaggi nell’uso di palline di vario diametro rispetto al pellet, un’ipotetica competizione fra le due esche basata sulle catture vedrebbe il pellet stravincere. Probabilmente il tutto è legato alla “velocità” dell’esca dove per velocità si intende la capacità di essere immediatamente riconosciuta ed appetita. La boiles non può non essere legata, nella sua efficacia, a una pasturazione preventiva studiata, adattata allo spot e ben eseguita nella tempistica e nelle quantità. Qualche cattura sulle boiles è arrivata, questo è innegabile, ma poca cosa rispetto ai risultati ottenuti con i pellet o con le stesse pastelle. L’unico vero grosso vantaggio di una boiles è la durata in acqua, quindi, se pescate con più canne, una di queste può essere deputata a presentare l’inganno in questione, magari a valle e magari a piombo secco, una sorta di jolly che il fiume deciderà o meno di sfruttare. Se decidiamo di scegliere le boiles, almeno secondo la mia esperienza, gli inneschi doppi con misure piccole (10/12 mm) sono quelli che mi sono sembrati più efficaci. Per il discorso DIP vale tutto quanto scritto per le pellet.

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LE PASTELLE


Preparare in casa la pastella è operazione molto semplice purché non ci si lasci prendere la mano dai numerosi ingredienti presenti sul mercato. La creazione di un mix efficiente passa dalla conoscenza dello spot a quella delle abitudini alimentari dei pesci senza mai dimenticare le parole “equilibrio” e “semplicità”. Dopo vari tentativi ho capito che partire da una buona pastura da fondo è il primo passo, specie se consideriamo che la nostra esca, in assenza di una pasturazione preventiva, deve essere immediatamente riconoscibile. Ecco una “ricetta” veloce per ottenere un impasto appetibile:

200 gr. di pastura da fondo di qualità possibilmente rossa a gran grossa (meglio se ricca di macro particelle)
100 gr. di farina di formaggio
50 gr. di farina di gamberi
200 gr. di precotto di mais
50 gr. di canapa frantoiata
15 ml di liquido attrattivo al pesce o ai crostacei tipo Hot Demon

Basta mescolare accuratamente il tutto e aggiungere un uovo, se l’uovo non fosse sufficiente possiamo unire un pò di acqua per ottenere un impasto elastico e coeso.
L’impasto deve essere preparato la sera prima della sessione e conservato in frigo avvolto in pellicola per alimenti. Sullo spot ricordiamo di tenere sempre il tutto avvolto nella pellicola per evitare che l’impasto si secchi. Una volta staccato il pezzo per l’innesco è consigliabile lavorarlo un pò con le dita per aumentarne la tenuta. Con le dosi indicate si affronta tranquillamente una sessione di mezza giornata con due canne in pesca.
Valida alternativa è affidarsi a mix già pronti di provata qualità,

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oppure provate ad usare della comune pastura al formaggio per barbo e cavedano ed addizionatela con del brodo granulare di pesce (300 gr. di pastura + 50 gr. di brodo), i risultati possono essere sorprendenti per via della sapidità dell'insieme.
la linea Starbaits mi ha fino ad ora regalato forti emozioni e grandi soddisfazioni, sono mix studiati per il method (e quindi già molto leganti) che possono essere ulteriormente arricchiti con gli stessi dip che usiamo per i pellet (sempre nelle dosi consigliate) e resi ulteriormente tenaci con l’aggiunto di una farina neutra, tipo precotto di mais, farina di manitoba e la semplice farina bianca.

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ALTERNATIVE


Delle maggot clip con bigattini finti preventivamente dippati abbiamo già parlato. Ultimamente ho avuto dei buoni risultati con gli “arma mesh”, in sostanza retine simili a quelle in PVA modellabili come una pallina che però non si sciolgono in acqua e che possono essere riempite con pellet frantumati, pezzetti di boiles, canapa frantoiata, pezzi di crisalide e la cui composizione trova il suo unico limite nella nostra fantasia, le palline così farcite possono essere innescate direttamente o preventivamente dippate.

PER FINIRE


A tutti gli ingredienti, dip e varianti citate non guasta aggiungere pure una buona dose di “turbo chiappa”, unico ingrediente veramente valido per far si che un pellet da 16 mm ed una carpa di 16 Kg si incontrino in svariati metri di acqua, quello purtroppo non si vende ne in negozio ne su internet ma cresce spontaneamente nel fondoschiena...


Prossima puntata – 11) la pasturazione
 
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miticoenry
view post Posted on 14/6/2012, 13:50




tutto molto bello !
per la turbo chiappa NON avrò mai scampo !
 
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view post Posted on 14/6/2012, 14:37
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CITAZIONE (miticoenry @ 14/6/2012, 14:50) 
per la turbo chiappa NON avrò mai scampo !

frequentare ambienti e persone equivoche può aiutare :B):
 
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persicotrota64
view post Posted on 14/6/2012, 15:35




grazieeeeeeeeee groupwave
 
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fabioz
view post Posted on 6/4/2014, 22:28




GRAZIE E COMPLIMENTI PER LA SUPER SPIEGAZIONE!!!

Edited by fabioz - 7/4/2014, 13:13
 
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4 replies since 14/6/2012, 11:25   1568 views
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