| CITAZIONE (lukferro @ 5/5/2014, 15:41) E' triste il lagopago per ogni pratica di pesca a mio avviso. Piuttosto apprezzo un cappotto in fiume o lago naturale o cava che prendere carpe over 20 in lago a pagamento! E in più, per principio, non darò mai un centesimo a quelli che gestiscono laghi a pagamento dove i pesci sono rinchiusi come prigionieri in celle affollate! (per non dilungarci più di tanto sulle condizioni di salute dei pinnuti e del come sono arrivati al laghetto, negli ultimi anni sono state avvistate carpe e amur "volanti" ) per esprimere il mio pare in merito, mi permetto di copiare ed incollare una parte dell'articolo che ho scritto per Pianeta Pesca di questo mese...credo si capisca come la penso... LE ACQUE PRIVATE Consentitemi, visto che, di fatto, vi sto indirizzando verso i cosidetti laghetti a pagamento, di aprire una parentesi di riflessione anche su questa tipologia di acque. Negli ultimi anni, in particolare quelle con una vocazione particolarmente “carpistica”, sono oggetto di notevoli dibattiti che, ai mie occhi, altro non fanno che fornire conferme sulla piccolezza intellettuale di certi personaggi che credono di potersi definire carpisti etici. E’ inutile negare che la crescente domanda, da parte del pubblico, di acque in cui praticare il carpfishing (che pare essere sempre più una moda, anziché una scelta consapevole) abbia prodotto un’offerta di discutibile qualità (ambientale, ittica, sportiva). E’ altrettanto innegabile che, la richiesta “deviata” di pesci sempre più grossi da parte di pseudocarpisti, abbia indotto gestori un po’ troppo disinvolti a procurarsi esemplari trofeo in maniera del tutto illecita prelevandoli dalle acque pubbliche, con la complicità di soggetti che chiamerei veri criminali. In breve, la conseguenza, è stata quella di una battaglia, mediatica e non solo, nei confronti di quello che è stato definito fenomeno delle “carpe volanti”. Come per l’argomento frega pocanzi affrontato, la mia posizione in merito è pragmatica. L’integralismo intellettuale, che si traduce in una sorta di boicottaggio, a prescindere, di tutti i “laghi pagamento”, lo trovo un atteggiamento deplorevole, soprattutto se finisce per tramutarsi in una sorta di disprezzo per coloro i quali decidono di dedicarsi, per ragioni varie, alla propria passione in acque “non libere”. Lo sprezzo generalizzato di una categoria di acque e dei suoi utenti, ergendosi al ruolo di “eletti” frequentatori delle sole acque selvagge, francamente, non fa altro che convincermi di quanto certi pescatori ignoranti, costituiscano, in fondo, il principale ostacolo all’evoluzione della pesca sportiva nel nostro paese. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Esistono sicuramente impianti di pesca sportiva dalla gestione discutibile così come esistono pescatori che avendo perso di vista il vero senso del pescare, vogliono a tutti i costi bruciare le tappe e ricercano il pesce trofeo che sia anche “facile”. Alla luce di ciò, se proprio ci si vuole dissociare e distinguere, sarebbe opportuno farlo dalle suddette categorie, senza generalizzare. Senza danneggiare chi gestisce un’attività con criterio, in piena legalità e con passione. Senza additare a “sfigato di turno” chi decide di frequentarla. Ed, aggiungo, cercando di capire e tollerare anche chi magari frequenta acque politicamente scorrette, senza sapere che le sono o perché, semplicemente, non è nemmeno al corrente dell’esistenza di suddetta problematica. Io stesso, evito , ad esempio, non solo specchi d’acqua che contengono “pesci volanti”, ma anche quelli che a causa di pescatori poco attenti e gestori poco lungimiranti, presentano materiale ittico evidentemente rovinato da eccessiva pressione agonistica, prolungata presenza in nassa e slamature operate da veri e propri macellai. Vi dirò di più, sono talmente esigente (o maniaco), da prestare attenzione anche al contesto ambientale evitando luoghi che non mi danno una seppur minima parvenza di naturalità. Nonostante tutto non mi elevo al rango di diffamatore nei confronti degli impianti che non “approvo”. Come suggerisce il buon senso, mi limito a decidere, in totale libertà, di non frequentarli (se tutti adottassero la stessa linea d’azione, si otterrebbe comunque, più che sbraitando e criticando, una sorta di selezione naturale tra acque gradite e non gradite dai pescasportivi). Personalmente, credo che le acque private, siano esse rappresentate da carpodromi a vocazione prevalentemente agonistica o da cave per il carpfishing, costituiscano una realtà affermata, con cui, anziché combattere, sarebbe opportuno, al limite, provare a costruire un dialogo qualora si ravvedano dei difetti etici o di gestione. Una realtà che, se ben gestita, si trasforma in opportunità, sia per chi ne fa fonte di reddito, sia per chi ne diviene fruitore. Costituiscono una valvola di sfogo alla nostra passione in caso di fiumi impraticabili o, come accennato prima, in periodi di divieto di pesca in acque libere. Rappresentano l’ambiente ideale per chi pesca occasionalmente, per divertirsi con gli amici (anche tanti amici) o per chi non è avvezzo a complicazioni tecniche. Sono un’ottima palestra per chi deve svezzare un “allievo” o per chi vuole far innamorare il proprio figlio di uno sport sano. Infine, poi, particolare non trascurabile, considerati, certi “alloctoni a due gambe” che si stanno impossessando dei nostri poveri fiumi, gli impianti privati rappresentano un luogo sicuro in cui accompagnare giovani e giovanissimi, magari facendogli vivere l’esperienza di una notte in tenda, senza dover temere rapine o aggressioni.Edited by Carlo B. - 5/5/2014, 17:44
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